Dan Brown deposita un’autobiografia nel processo di Londra…
e dopo tanti complotti finti ne spunta fuori uno vero
di Massimo Introvigne
http://www.totustuus.biz/users/alzatevi_andiamo/complotti_finti.htm
Dan Brown si sta difendendo in questi giorni (marzo 2006) in un Tribunale di Londra da accuse di violazione del diritto d’autore che gli sono mosse da Michael Baigent e Richard Leigh, co-autori di Holy Blood, Holy Grail (“Il Santo Graal”, 1982), i quali lo accusano di avere copiato da loro l’essenziale del Codice da Vinci. Con il terzo autore, Henry Lincoln, come illustrato altrove in questo sito e più ampiamente nel mio libro Gli Illuminati e il Priorato di Sion (Piemme 2005), Baigent e Leigh hanno costruito un collage fra falsi documenti depositati alla Biblioteca Nazionale di Parigi nel 1967 sui Merovingi come unici legittimi eredi del trono di Francia, e sul Priorato di Sion come organizzazione segreta che dall’XI secolo protegge i Merovingi sopravviventi, e tesi che circolavano nell’ambiente esoterico francese negli anni 1970 secondo cui Gesù aveva relazioni sessuali con almeno una delle sue discepole e non pensava affatto di essere Dio. Non esiste nessun riferimento conosciuto al Priorato di Sion, tanto meno in quanto organizzazione (diretta nel corso della sua esistenza da diversi personaggi celebri, compreso Leonardo da Vinci, 1452-1519) che avrebbe protetto i discendenti dei Merovingi dalla collera dei Carolingi e di successivi usurpatori del trono di Francia, prima della pubblicazione dei falsi documenti del 1967. In realtà il Priorato di Sion era stato fondato nel 1956 dal principale protagonista della mistificazione del 1967, Pierre Plantard (1920-2000), ma fino al 1966-1967 gli scopi dell’organizzazione erano diversi. E non esiste nessun riferimento conosciuto al fatto che i Merovingi discendessero fisicamente da Gesù Cristo e dalla Maddalena prima della pubblicazione nel 1982 di Holy Blood, Holy Grail.
Dan Brown ha ora depositato nel processo di Londra una dichiarazione – che pubblichiamo in calce nell’originale inglese e che, come sempre capita in questi casi, è stata certamente riveduta e corretta dai suoi avvocati – in cui ci offre, in sostanza, la sua autobiografia. In questo senso si tratta di un documento affascinante, anche se evidentemente di parte. Quanto ai fatti del processo, Brown sostiene che ha derivato la trama del Codice da Vinci da altri libri, e ha scoperto Holy Blood, Holy Grail solo quando stava per finire di scrivere il romanzo. Questa difesa appare piuttosto inconsistente, perché i testi degli autori che cita (di Lynn Picknett e Clive Prince, di Richard Andrews e Paul Schellenberger, e di altri) sono tutti stati pubblicati anni dopo Holy Blood, Holy Grail, e derivano da quest’ultimo testo tutto quanto contengono in tema di Merovingi, Priorato di Sion, Leonardo come Gran Maestro del Priorato, e i Merovingi come discendenti di Gesù e della Maddalena. La dichiarazione di Brown è interessante perché continua a definire “studiosi” e “autorevoli” autori come le coppie Picknett-Prince e Andrews-Schellenberger che hanno prodotto testi degni di figurare in un museo degli orrori della spazzatura storica sul Priorato di Sion (benché non abbiano inventato l’esistenza di quest’ultimo). Andrews e Schellenberger sono arrivati a sostenere seriamente che Gesù Cristo è sepolto sotto una montagna francese, e che il governo di Parigi dovrebbe fare saltare questa montagna (il Cardou) per provare la loro teoria.
Brown potrebbe vincere la causa di Londra per una ragione tecnica. Baigent, Leigh e Lincoln hanno sempre sostenuto che il loro è un libro di storia, non un romanzo, e non c’è un monopolio garantito dal diritto d’autore sui fatti storici – veri o falsi –; anzi, i Tribunali inglesi sono più generosi di quelli americani o dell’Europa Continentale quando si tratta di autorizzare l’uso di materiale storico (o presunto tale) per la costruzione di romanzi che si affermano basati su una tela di fondo storica. Paradossalmente, Baigent e Leigh dovrebbero ammettere ora che Holy Bood, Holy Grail non era un libro di storia ma un’opera di pura fiction per vincere la causa.
Ma non si tratta dell’aspetto più interessante dell’“autobiografia” di Dan Brown. Egli conferma di credere tuttora che quanto Il Codice da Vinci afferma del Priorato di Sion sia un fatto riconosciuto come tale almeno da alcuni “storici” (mentre non esiste un singolo storico accademico al mondo che creda alle fole sul Priorato di Sion, e al fatto che esistesse prima del 1956), ed è più credulone del suo stesso personaggio Robert Langdon in Angeli e Demoni a proposito degli Illuminati. Brown crede veramente che gli Illuminati esistessero prima della loro fondazione in Baviera nel 1776, e che abbiano lottato per secoli contro la Chiesa cattolica in nome della scienza. Scrive Brown: “Alcuni libri di storia affermano che gli Illuminati giurarono di vendicarsi del Vaticano [perché avrebbe perseguitato la scienza] nel Seicento. I primi Illuminati – quelli dei tempi di Galileo – furono espulsi da Roma dal Vaticano, che diede loro la caccia senza misericordia. Gli Illuminati scapparono e finirono per rifugiarsi in Baviera dove cominciarono a mescolarsi con altri gruppi di rifugiati che scappavano dalle ‘purghe’ cattoliche – mistici, alchimisti, scienziati, occultisti, musulmani, ebrei. Da questa mescolanza emersero dei nuovi Illuminati. Degli Illuminati più oscuri. Degli Illuminati profondamente anticristiani. Diventarono molto potenti, infiltrando le strutture di potere, praticando riti misteriosi, mantenendo una segretezza la cui violazione era punita con la morte e giurando di risorgere un giorno e vendicarsi della Chiesa cattolica”. Anche in questo caso, nessuno storico di professione prenderebbe sul serio questo guazzabuglio di leggende, e il fondatore degli Illuminati, Adam Weishaupt (1748-1830), ha ammesso per iscritto di essersi inventato una storia mitica degli Illuminati, che non erano mai esistiti prima del 1776 (si può aggiungere che nel 1776 in Baviera non solo non c’erano musulmani, ma si trattava di una monarchia cattolica conservatrice, e di uno dei peggiori posti al mondo per “scappare dalle ‘purghe’ cattoliche”). Si possono consultare altrove su questo sito gli elementi essenziali sulla questione degli Illuminati.
E nonostante una buona dozzina di opera accademiche che fanno a pezzi l’assurda tesi del Codice da Vinci secondo cui prima di Costantino (280-337) Gesù Cristo non era riconosciuto come Dio dalla comunità cristiana, e i quattro Vangeli canonici come le uniche fonti interamente autentiche sulla Sua vita, Brown continua a ripetere la sua fede in queste teorie come un disco rotto, senza rispondere a nessuna delle critiche. Cita perfino come fonti autorevoli sulla storia della Chiesa cattolica e del primo cristianesimo alcune guide turistiche che gli avrebbero fatto queste rivelazioni nel corso di visite a Roma. L’affermazione che “i Vangeli Gnostici [sono] sostanzialmente quelle parti della Bibbia che figuravano nella prima versione, ma non nella versione finale, così che sono stati letti da pochi” colpirà come ridicola anche i più convinti difensori dell’importanza storica dei testi gnostici.
Brown risponde anche alla domanda – che molti si sono posti – sul perché i suoi primi tre romanzi siano stati dei fiaschi imbarazzanti e il quarto, Il Codice da Vinci appunto, un successo mondiale. Qui per la prima volta nella sua vita dedicata a inseguire complotti fasulli, è possibile che Dan Brown ci sveli un complotto vero. Il segreto, spiega, sta tutto nella pubblicità. Brown è convinto che Angeli e Demoni fosse un romanzo probabilmente migliore del Codice da Vinci, ma l’editore non gli ha dato il supporto pubblicitario promesso. Scrive Brown:. “È impossibile ignorare il fatto che il lancio del Codice da Vinci è stato uno dei meglio organizzati della storia, Se ne parla ancora nell’industria editoriale, e sul tema sono stati scritti interi articoli. A Steve Rubin (presidente della Doubleday, parte del gruppo Random House) va riconosciuto il merito di questo successo. Mi ha fatto incontrare tutti i grandi librai mesi prima della pubblicazione del gruppo, e ne ha fatti innamorare molti del libro distribuendo delle ARC [Advance Reading Copies, copie preliminari non destinate al commercio]. Non si è mai sentito parlare prima di un editore che distribuisce diecimila ARC, e che lo fa dopo aver visto solo la prima stesura di un libro. Sono sicuro che la pubblicità avrebbe avuto lo stesso effetto per Angeli e Demoni”. Perché mai una casa editrice abbia fatto uno dei più grandi investimenti della storia sul libro di un autore che veniva da tre fiaschi consecutivi rimane l’unico vero mistero. Forse chi pensa che pregiudizi ideologici si siano mescolati a considerazioni commerciali non ha, dopo tutto, completamente torto.
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